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Quando è stata l’ultima volta che avete toccato l’erba? L’invito a uscire di casa e riconnettersi con la natura e i suoi ritmi è partito sui social qualche anno fa e sta diventando qualcosa simile a un movimento contro il chiacchiericcio digitale e le troppe ore trascorse davanti a uno schermo. Uno studio cinese del 2024 ha scoperto che le onde cerebrali danzano in modo diverso a contatto con una superficie erbosa – e, cosa ancora più interessante, quella sintetica non provoca lo stesso effetto – suggerendo una risonanza biologica che va oltre la suggestione.

Per chi ha familiarità con le pratiche di meditazione, stendersi su di un prato può risuonare come un mudra involontario, un gesto che ci àncora al presente attraverso il senso più antico: il tatto. Un modo per premere il tasto mute e abbandonarci al qui e ora. In fondo, chi ha mai guardato davvero un filo d’erba? Esistono davvero singolarmente o solo tutti insieme, in quanto prato? Loro non se lo chiedono, esistono senza bisogno di like, con la loro trama semplice e l’umidità discreta. Come compito a casa mi autoprescrivo questo semplice esercizio: stendermi su di un prato, chiudere gli occhi, prestando attenzione solo alla consistenza, alla temperatura, al profumo impercettibile che sale dalla terra. La pace di un pomeriggio senza notifiche. Un contatto senza filtri e quella sensazione di sentire il mondo sotto le dita, il sole sulla pelle e il respiro più pieno. Il respiro di un’estate da vivere senza bisogno di spiegazioni, con le storie di questo numero a farci compagnia.

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